La letteratura italiana ha avuto una lunga storia d’amore con i formaggi.

Boccaccio nella Firenze del 1300 immaginava il paradiso dei poveri, il Bengodi, come un luogo in cui si scalavano montagne di Parmigiano Reggiano; e Italo Calvino, uno dei più acuti e innovativi scrittori del Novecento italiano, ha dedicato uno dei suoi racconti più belli a una passeggiata in formaggeria del suo alter ego Palomar.

Ma il rapporto che lega il Gorgonzola, il famoso formaggio erborinato italiano, al grande scrittore milanese Carlo Emilia Gadda merita una menzione speciale.

Il linguaggio ricco e barocco di Gadda si adatta perfettamente all’abbondanza sensoriale del Gorgonzola; scriveva infatti nel 1963 ne La cognizione del dolore:

 

«Il gorgonzola ghiotto, grasso, piccante, concupiscibile e laudabile per meraviglie verdi del capelvenere suo, biasciato in polta fra morsi avidi e dilaceranti nel pane e sorsate di vino larghe con un gorgoglio tra le carotidi enfie».

 

E al Gorgonzola dedica addirittura una poesia:

 

Lieta di pòvere

Gioie e vivande

La domenicata popolare

Gusci d’ovo, carte gorgonzoloidi spande

Ha bell’e imbrattato

il demanio feudale!

 

La fama letteraria del più famoso formaggio blu italiano non si ferma a Gadda: compare tra gli scritti di Stendhal, di Alessandro Manzoni, dello stesso Gioachino Rossini, il compositore marchigiano noto anche come raffinato gastronomo. Ma la bontà del Gorgonzola passa anche attraverso le parole di Giosuè Carducci, Hermann Hesse, Alberto Moravia e James Joyce, che ne parla nel suo capolavoro Ulisse pubblicato a Parigi nel 1922.

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